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giovedì 30 giugno 2011

Amniocentesi

L'amniocentesi consiste nel prelievo per via transaddominale di una piccola quantità del liquido amniotico, che avvolge e protegge il feto durante la crescita ed il suo sviluppo. La nuova vita è infatti ospitata all'interno di una sacca, detta sacco amniotico o amnios, ripiena di un liquido - il liquido amniotico - che la protegge da urti, sbalzi termici e pressioni di vario genere.
L'amniocentesi è una procedura medica mini-invasiva, utilizzata prevalentemente per la diagnosi prenatale di anomalie cromosomiche, infezioni ed alterazioni dello sviluppo fetale, come ad esempio la spina bifida e la sindrome di Down. Il liquido amniotico contiene infatti delle cellule, dette amniociti, che provengono direttamente dal feto; una volta isolate, tali cellule possono essere moltiplicate ed utilizzate in laboratorio per analisi citogenetiche e/o molecolari.

Tecnica e rischi

Di regola, l'amniocentesi viene eseguita a partire dalla quindicesima settimana di gravidanza, quando la cavità amniotica ha raggiunto dimensioni tali da non costituire rischi particolari per il feto durante l'esame. Tali rischi vengono ulteriormente ridotti da una preventiva ecografia, che mostra la posizione del feto e della placenta. Se la gestante è idonea all'esame - che è ad esempio controindicato in presenza di febbre od altre infezioni in atto - la pelle dell'addome viene disinfettata con una soluzione antisettica. Sotto costante guida ecografica, lo specialista in ostetricia e ginecologia infila un sottilissimo ago attraverso la cute che ricopre la sottostante cavità uterina, allo scopo di raggiungere la cavità amniotica e prelevare circa 15 ml dell'omonimo liquido. Si consideri che alla 14esima settimana di gestazione tale liquido occupa un volume di circa 100 ml, che sale a 150-200 ml 15/30 giorni più tardi e a 500 ml intorno alla ventesima settimana. Il monitoraggio ecografico non produce radiazioni ionizzanti, è assolutamente innocuo e come tale non provoca alcun danno al feto, anzi, permette di controllare la sua posizione e quella dell'ago, minimizzando il rischio di complicanze.
In laboratorio, una piccola parte di liquido amniotico viene utilizzata per eseguire test biochimici diretti, mentre dalla rimanente vengono isolate le cellule fetali, successivamente coltivate per ottenere un campione numerico sufficiente alla valutazione del cariotipo.
L'esame non è doloroso (al più fastidioso), dura pochi minuti e non richiede anestesie particolari o il ricovero ospedaliero; al termine dell'amniocentesi è comunque necessario rimanere per 30-60 minuti nel centro sanitario. Nei 2/3 giorni successivi all'esame è bene astenersi da attività fisiche pesanti; inoltre, nel caso si dovessero avvertire dolori addominali prolungati o la comparsa di febbre o strane perdite vaginali, è importante informare immediatamente i propri assistenti sanitari.
Come tutte le procedure invasive, anche se praticata da personale esperto e ben attrezzato, l'amniocentesi presenta una certa percentuale di rischio abortivo, grossomodo quantificabile in una possibilità su 200. Studi più recenti, datati 2006, indicano che il rischio aggiuntivo di aborto, rispetto a donne non sottoposte ad amniocentesi, è particolarmente basso (0,06%) se non addirittura nullo. Si tratta quindi di una procedura sicura, caratterizzata da una piccolissima percentuale di rischi e complicanze. Una di queste viene annullata somministrando alle gestanti Rh negative non immunizzate, con partner Rh positivo, immunoglobuline anti-D; l'iniezione di tali anticorpi si rende necessaria per il possibile passaggio di sangue fetale nel circolo materno, con conseguente produzione di immunoglobuline che potrebbero danneggiare il bambino.
Teoricamente, l'abortività associata ad amniocentesi può essere ricondotta allo sviluppo di amniotite (infezione del liquido amniotico), alla rottura delle membrane o alla comparsa di attività contrattile non controllabile con la terapia medica. Errori diagnostici e fallimenti colturali che richiedono la ripetizione del test sono estremamente rari (<0,2%). A causa di questi rischi è assolutamente necessario che l'amniocentesi venga preceduta dalla sottoscrizione del consenso informato da parte della gestante, che ha il diritto di ottenere preventivamente ogni genere di delucidazioni su modalità, limiti diagnostici e rischi della procedura.
Considerati i costi e soprattutto le rare, ma pur sempre possibili, complicanze, l'amniocentesi non viene effettuata nel caso in cui i genitori escludano a priori qualsiasi ipotesi di interruzione gravidica, a meno che non vogliano eseguirla al solo fine di prepararsi con maggiore consapevolezza alla nascita di un bambino affetto da qualche anomalia. Non si tratta inoltre di un esame di routine, ma di un'indagine diagnostica a cui vengono sottoposte soltanto le madri consenzienti considerate a rischio. Aldilà di ciò, l'amniocentesi rimane comunque un esame assolutamente facoltativo ed i genitori sono gli unici responsabili della loro scelta.

Quando si esegue l'amniocentesi? Quali sono le sue indicazioni?

Solitamente, l'amniocentesi viene eseguita tra la 16esima e la 18esima settimana di gravidanza. Tuttavia, il desiderio di ottenere indagini più precoci, ha indotto numerosi autori ad anticipare sempre più la data dell'esame, tanto da praticarlo addirittura tra la decima e la dodicesima settimana di gestazione. Si parla, in questi casi, di amniocentesi precoce. L'incidenza di complicazioni aumenta in maniera sensibile rispetto all'amniocentesi standard, ma si ha il vantaggio dell'anticipazione diagnostica.
Come risposta a questa esigenza di anticipare il più possibile la diagnosi prenatale, ormai da diversi anni è disponibile un altro esame, definito villocentesi (prelievo dei villi coriali), che si esegue tra la X e la XII settimana. Il principale vantaggio dell'amniocentesi rispetto alla villocentesi è che il rischio di contaminazione da parte di cellule materne è minore, così come il rischio abortivo (anche se questo si è ormai livellato tra le due procedure, grazie al miglioramento delle tecniche e dei protocolli diagnostici).
Si parla di amniocentesi tardiva quando la tecnica diagnostica viene eseguita dopo la ventesima settimana di gestazione. In questo caso le indicazioni sono quelle di valutare in generale lo stato di salute del feto, la sua maturità polmonare (in vista di un parto anticipato) e l'eventuale isoimmunizzazione materno-fetale.
Raramente, l'amniocentesi può essere eseguita per rimuovere un eccessivo accumulo di liquido amniotico (definito polidramnios); in questi casi si parla di amniocentesi evacuativa.
La principale indicazione dell'amniocentesi rimane la diagnosi prenatale di anomalie cromosomiche. L'indagine prioritaria è mirata all'identificazione di un'eventuale sindrome di Down e di altre patologie su base genetica. Nel caso particolari fattori di rischio lo richiedano, è comunque possibile identificare un ventaglio più o meno ampio di malattie cromosomiche (fibrosi cistica, sordità congenita, distrofia muscolare Duchenne, talassemia e molte altre). Oltre all'esame delle cellule, l'analisi del liquido amniotico può dare importanti indicazioni sulla presenza di malattie genetiche. L'alfa-feto-proteina (AFP), ad esempio, viene prodotta dal feto ed è dosabile nel liquido amniotico prelevato per amniocentesi. Quando il valore di AFP è elevato, esiste una concreta possibilità di malformazioni fetali, come difetti del tubo neurale (spina bifida, anencefalia o meningocele), difetti della parete addominale ed altri.

Cosa succede se l'amniocentesi evidenzia una qualche anomalia

Quando i risultati dell'amniocentesi mostrano un risultato patologico, la coppia viene immediatamente informata dal genetista sul significato dell'anomalia, sulle sue possibili implicazioni e sulle opportunità terapeutiche. Sulla base di queste informazioni, con il sostegno dei famigliari e degli operatori sanitari, la coppia deve prendere la decisione che ritiene più opportuna; quando la patologia è grave, dato che nella maggior parte dei casi non esistono possibilità concrete di cura, si presentano soltanto due possibili alternative: portare avanti la gravidanza, preparandosi ad accogliere o dare in adozione (nei termini previsti dalla legge) il bambino, oppure interrompere la gravidanza secondo tempi e modi previsti dalla legge.

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